lunedì 20 ottobre 2014

Una storia universale e senza tempo

Una canzone che canta lo strazio di tutte quelle donne che hanno lasciato la propria casa per sollevare le miserie della propria famiglia  senza PIÙ AVERE IL TEMPO  PER AMARE, con le MANI CHE STRINGONO SOLO IL BUIO  della loro vita di solitudine e sacrificio.  

Accanto al dolore delle proprie madri e dei propri padri hanno lasciato le loro povere vesti insieme alla speranza del ritorno.
Ma i ritorni non finiscono mai e cosi si perde  l'amore dentro i cortili delle case RICOLMI DI FAME continuando a tornare e a partire ripetendo tante volte ABBIATE FIDUCIA NON DISPERATE   .......  
Una storia universale e senza tempo. 

GLOBAL 2014

mercoledì 8 gennaio 2014

UNA VITA DIFFICILE CON UN FELICE DESTINO
         
              In un paese moldavo un padre che picchiava tutta la famiglia violentava anche la figlia maggiore fin dall'adolescenza. Appena in età la povera ragazza, cerca, prega e trova un fidanzato per interrompere il turpe rapporto.  Il suo desiderio si realizza ma solo fino a  quando il fidanzato parte per il militare perché il padre, in assenza del giovane, torna a violentare la figlia che però non riesce a ribellarsi alla figura paterna. Quando il fidanzato torna dal militare il padre per non perdere il potere sulla figlia si ubriaca in un locale pubblico e prende in giro il povero ragazzo e gli racconta, davanti a tutti, che aveva provveduto lui stesso a sostituirlo.
              Quando la ignara poveretta si incontra con il fidanzato, unica speranza di salvezza della sua già misera vita,  si accorge che non è più lo stesso, non parla più dolcemente come prima, non è più gentile ed attento nei gesti. Nel chiedere perché il suo  comportamento non è più lo stesso il ragazzo gli risponde che tutto il paese è a conoscenza della storia con suo padre e ormai tutti la considerano una puttana,  e gli confessa che ora anche lui deve considerala e trattarla come fanno tutti. Tradita dal suo innamorato, avvilita da un  marchio così disonorante, diffamata dalla famiglia, svuotata da ogni sentimento d'amore si sente abbandonata anche da Dio che tanto aveva pregato. Capisce che non ha  più speranza di una vita normale.  Ormai familiari e paesani  la considerano e la trattano come la puttana del paese tanto che si convince di non avere più alcuna possibilità di sfuggire a quel destino che la sovrasta.
              Dopo un po’ di tempo confessa alla famiglia di non poter più vivere in paese e considerato che ormai viveva come una puttana pubblica aveva maturato la convinzione che avrebbe sofferto di meno andando a fare la puttana in un altro paese dove almeno nessuna conosceva la sua tristissima storia.  Si affida ad una organizzazione che la colloca a Cipro ma presto viene  venduta più volte da varie bande di sfruttatori e dopo la Turchia, la Grecia e la Serbia si ritrova in Italia. 
              Nel frattempo non è riuscita ad interrompere i collegamenti con la madre e la sorella che sempre lamentano i comportamenti del padre padrone. Alla famiglia aveva detto che infine era riuscita  a trovarsi un buon lavoro di cameriera tanto da permettergli di aiutare le poverette inviandogli denaro. Sensibile ai lamenti e alla pressante richiesta di raggiungerla in Italia  riesce finalmente a far venire anche in Italia madre e sorella, ma non nella stessa città dove lei lavorava. Pensava di aver riscattato la sua miserevole vita regalando alle uniche persone che tenevano accesi i suoi sentimenti tutti i soldi necessari per comperare il viaggio,  la carta di soggiorno e la posizione lavorativa. Ma non era proprio così.
              Quando le tre donne iniziano a frequentarsi alla madre e alla sorella non sfugge il fatto che lei è sempre troppo ben vestita ed elegante mentre loro si vedono abbrutite dal lavoro di pulizia e di badante.  Esercitano cosi una continua pressione sulla povera sorella che non poteva certo confessare loro il triste mestiere che il destino gli aveva assegnato e che pure  gli consentiva di aiutare quella che era ormai la sua residua famiglia.  Le richieste di denaro erano sempre più pressanti come anche la richiesta di un migliore lavoro che solo lei era in grado di trovare.
Più chiedevano soldi più doveva prostituirsi, come in un girone infernale senza fine, il benessere della famiglia era l'unico motivo che ancora la spingeva a prostituirsi, ma le continue richieste la deprimevano, si sentiva di nuovo condannata dagli unici affetti per i quali tanto si era sacrificata. Alla umiliazione per la sorte che il destino gli aveva riservato e  alla cronica depressione di una vita solitaria si aggiungeva di nuovo il tradimento e l'incomprensione di una famiglia egoista interessata solo a conquistare benessere e consumismo. Agli abituali sfruttatori del sesso si aggiungevano ora anche i familiari profittatori.
              Non riuscendo più a vedere un senso alla sua vita,  svuotata di ogni volontà decide di farla finita e una sera si getta sotto un automobile. Il conducente  dell'auto si ferma impaurito e la soccorre,  la porta al pronto soccorso dove viene salvata e curata.  L'uomo sentendosi colpevole la visita in continuazione all'ospedale dove la trova sempre sola. Un giorno lei comprende la preoccupazione del povero uomo e decide di liberarlo dal suo rimorso confessandogli che la colpa dell'incidente era solo sua, che aveva tentato di farla finita con la sua vita, difficile e senza senso.
              A questo suo ulteriore gesto di generosità il destino di Anna cambia radicalmente e la vita gli restituisce tutto quanto gli aveva prima tolto.   Il povero  investitore, davanti a tanta onestà, vuole capire di più di quella disgraziata ragazza e seguita a visitarla durante tutta la degenza fino a proporgli la sua amicizia che in breve si trasforma in amore, un amore che risulterà cosi grande da poter accogliere e contenere tutte le disgrazie che la poveretta gli aveva confessato.
              Anna, che mai più aveva coltivato il sogno di una vita normale, si sposerà, avrà una vita agiata e non potendo avere figli andrà in America per recuperare la sua fertilità e realizzare finalmente la più alta aspirazione  per una donna, creare una vita ed avere cura della sua famiglia.

"La cosa peggiore che possa capitare a chiunque
è la perdita della dignità e del rispetto di sé"
(Chinua Achebe)

"Essere donna è un compito terribilmente difficile, visto che
consiste principalmente nell'avere a che fare con gli uomini."

(Joseph  Conrad)

Autore: GLOBAL

martedì 26 novembre 2013

UN DIAVOLO MOLDAVO SEGUE LE EMIGRANTI

Quando una donna si trova nella condizione di emigrante ricerca sempre dei punti di appoggio, e quando è disponibile la Chiesa ortodossa la frequenta per sentirsi meno sola. Così ha fatto anche Maria, una moldava che però ricevette cosi tanta attenzione che spaventata si allontanò dalla chiesa.
            Il fatto è questo. Un giorno durante la celebrazione della messa a Maria si appannò la vista e svenne a terra.  Quando riprese i sensi aprendo gli occhi si trovò il prete che gli impartiva la benedizione mentre la sua amica gli sussurrava di concentrarsi sulle successive parole del prete perché erano importanti per risolvere la sua situazione.  A Maria mancava l'aria ma invece di aprire la finestra per farla riprendere le donne erano tutte con il capo chinato sopra di lei che, sdraiata in terra, vedeva solo i volti delle fedeli che pregavano insieme al prete. Insomma era considerata una peccatrice impossessata dal diavolo. La storia si ripeteva tutte le domeniche e ormai Maria era convinta di essere una peccatrice con l’aggravante che non era ancora riuscita ad  individuare quale fosse, tra i suoi peccati, quello così grave da esporla a quelle disonorevoli situazioni. Alla fine per la vergogna e per sfuggire gli sguardi delle connazionali fu costretta ad evitare di andare in chiesa.
            Successivamente trovò lavoro presso una amabile nonnina alla quale confidò quanto gli capitava andando in chiesa per via dei suoi peccati.  Per soddisfare la curiosità della nonnina raccontò  che la messa era svolta in un locale tanto piccolo e talmente affollato da sembrare di stare in un autobus nell'ora di punta, inoltre il rito imponeva il digiuno prima e durante le tre ore di durata della messa alla quale i fedeli dovevano partecipare restando in piedi per tutto il tempo,  infine le finestre erano sempre chiuse.    La nonnina stupefatta e sorridente cercò di farmi capire che non c'entravano i miei peccati e  mi fece riflettere  che quando una persona senza possibilità di una sana alimentazione, con uno stress emotivo per la situazione di emigrante ed un esaurimento mentale per la mancanza di lavoro si trova in un locale chiuso, sovraffollato, a digiuno e in piedi per tre ore facilmente può subire un collasso.  Tuttavia se la cosa non era occasionale ma si ripeteva era necessario consultare un medico e non un prete.
            Se ne convinse per il fatto che il prete non riusciva a scacciare questo diavolo. Si recò così dal dottore e dopo le analisi di rito gli venne diagnosticato una anemia mediterranea, malattia che causava i suoi malori. Cosi con buona pace del diavolo si curò e guarì.
            Tempo dopo incontrando una persona che aveva assistito ai suoi svenimenti in chiesa, Maria si senti chiedere se era riuscita a scacciare definitivamente il diavolo.  Chissà quali terribili peccati sono mai stati immaginati  a carico della povera Maria.

Autore: GLOBAL

giovedì 31 ottobre 2013

BIZZARRIE MOLDAVE:
Ero in un supermercato quando nel reparto frutta su un cumulo di arance vedo un cartello con scritto " Attenzione la buccia non è commestibile",  capisco che è rivolto a chi non conosce come si mangia quel frutto e mi viene subito una agitazione perché pochi giorni prima avevo inviato delle arance a polpa rossa a mia sorella in Moldova.   Appena rientro in casa telefono per sapere come le hanno mangiate e con sollievo mia sorella mi risponde subito che non le hanno mangiate  perché dopo sbucciate le hanno trovate tutte guaste,  forse a causa del trasporto.  Incredulo gli chiedo che tipo di avaria avessero subito le arance,  e mi racconta che fuori erano molto belle ma dentro erano di un brutto colore scuro quasi nero e cosi, senza neanche assaggiarle, le avevano gettate tutte via.
 Ai moldavi piace tanto bere per un fatto soprattutto culturale.  E' noto che il piacere del bere è associato alla gioia del convivio e dello stare insieme, ma per i moldavi il bere è collegato solo all'alcool, anzi deve essere un super alcoolico.  Quindi non è importante cosa contiene il bicchiere, importante è che brucia perché significa che è alcool e la festa riesce. Una sera mi unii agli uomini che erano in attesa della cena organizzata dalle rispettive mogli, costoro bevendo da una bottiglia senza etichetta mi offrono un bicchiere di alcoolico. Chiesi che tipo di alcoolico fosse,  ma fui invitato ad indovinare assaggiandolo. Il liquido era di colore un po' opaco e simile al cognac ma al sapore sentii solo una forte gradazione alcoolica senza alcun gusto di cognac. Ignorante in materia risposi che era un buon cognac ma assai poco invecchiato perché ancora non aveva sviluppato il tipico sapore di cognac.  Ridendo, e con orgoglio, mi spiegarono che si trattava di alcool etilico puro passato in un colino contente del the per dotarlo del colore del cognac.
Una badante moldava che da anni in Italia sosteneva la famiglia rimasta in patria. Per la lontananza aveva perso il marito il quale, chiesto il divorzio, si era risposato.  La poveretta resta in Italia e continua a mantenere la figlia agli studi  e solo dopo tanti anni di castità sentimentale incontra finalmente un uomo che accende in lei un sentimento di amore e risveglia le passioni dimenticate.  Nel confidare ad una amica la sua storia confessa candidamente la sua sorpresa per aver scoperto, contrariamente a quanto credeva,  che l'amore è un sentimento che si può vivere in modo coinvolgente anche dalla vita in giù e non solo dalla vita in su, come lei aveva sempre creduto e provato.

Autore: GLOBAL

domenica 6 ottobre 2013

L'ORGOGLIO DEL L'EMIGRANTE FALLITO



L'ORGOGLIO DEL L'EMIGRANTE FALLITO
Un emigrato in Argentina  viene rintracciato da un vecchio amico venuto dall'Italia. Si tratta di un incontro di due persone sfortunate che a modo loro cercano di apparire ciò che non sono.  In particolare il regista Dino Risi mette in risalto il dramma dell'emigrante che davanti al connazionale venuto a trovarlo tenta di nascondere la sua miserevole e sfortunata condizione raccontando successi inesistenti.  E' il dramma di tutti gli emigranti che non hanno raggiunto i risultati che avevano sognato prima di emigrare. La vicenda è ambientata in Argentina popolata per il 50% da emigranti italiani.  

RICONGIUNGIMENTO FAMILIARE



IL RICONGIUNGIMENTO FAMILIARE NELLA EMIGRAZIONE  ITALIANA ANNI CINQUANTA
Negli anni cinquanta l'emigrazione italiana dei disoccupati del sud  era diretta verso le ricche regioni del nord Italia. Il fenomeno viene raccontato da uno dei massimi registi italiani del  "neo realismo"  Luchino Visconti, il quale racconta  in questo episodio i sentimenti, le passioni e le sofferenza  di chi  vive l'esperienza della migrazione,  che è la stessa sotto ogni bandiera e sotto ogni cielo.

http://www.youtube.com/watch?v=2BQy4MuKjPE&feature=youtu.be

Due cuori.. una baracca



UN CATTIVO ESEMPIO ITALIANO. 

Nell'immaginario delle donne moldave l'uomo italiano è mitizzato, ma ciò corrisponde solo al desiderio di tutte le donne di incontrare un impossibile principe azzurro che per amore si prenda cura del loro destino.
Per sfatare questa credenza le donne moldave dovrebbero vedere questo episodio per comprendere che anche in Italia esistono modelli di uomini arretrati. La realtà raccontata nel film ancora esiste nei paesi più evoluti come anche nei paesi emergenti.
Nel film "Sesso matto" il regista Dino Risi racconta il comportamento deviato di una tipica coppia italiana povera e piena di figli. L'episodio descrive il comportamento caratteristico della sottocultura popolare nella quale l'affermazione della personalità maschile si realizza nella sottomissione della donna, la quale per tradizione, ignoranza e credenza popolare si auto convince che l'amore e la felicità coniugale si realizzano nella sofferenza, sottomissione e umiliazione. Ultime immagini di un Medio Evo che ancora sopravvive nella società del benessere.

http://www.youtube.com/watch?v=u3oQuwySbsQ&feature=youtu.be

giovedì 10 gennaio 2013


LA VIOLENZA SULLE DONNE

Alcool, credenze e sottocultura le cause comuni a tutti popoli

Recentemente ho assistito ad un intervento di sostegno ad una giovane donna moldava,  che qui chiameremo Maria,   impegnata a interrompere una relazione violenta.   Era accaduto che i colpi ricevuti dal marito erano stati cosi violenti che era dovuta andare all’ospedale. Una vera fortuna perché i medici una volta constatata la violenza subita  devono procedere per legge alla segnalazione alla polizia.    Maria sentendosi protetta dall’obbligo di legge, ma anche per l’intervento di una efficace associazione italiana che sostiene le donne oggetto di violenza, ha trovato il coraggio di farla finita con il marito.  Si convince ed anche lei sporge la denuncia che risulta decisiva per fare arrestare il marito, già irregolare e con i precedenti per furto sarà certamente rispedito oltre frontiera. 

Per comprendere la situazione dobbiamo dire che in questo caso la donna violentata aveva carattere, era decisa, lavorava, era giovane e carina, abbastanza maltrattata dal marito per decidere di farla finita  ed aveva trovato gli appoggi giusti per reagire con determinazione. Ma non sono tante le donne in queste condizioni per poter fare altrettanto.

Questa esperienza mi sono incuriosito ed ho indagato il problema. In Italia il fenomeno della violenza familiare è molto più esteso di quanto non si creda, anche se in Italia esistono leggi che condannano la violenza ed associazioni che ne sostengono le vittime. Proprio da una di queste associazioni ho appreso che le donne (non solo italiane), sono restie a denunciare i loro compagni o per scelte personali, dovute ad errate convinzioni, o per  condizionamenti esterni.

Tra le scelte personali la causa principale del silenzio è dovuto alla credenza   che l’amore incondizionato possa fare il miracolo di far diventare buono il proprio uomo, una seconda motivazione è la vergogna della separazione davanti ai parenti e  alla comunità. Seguono il timore di lasciare i figli senza padre e il timore di successive reazioni dell’uomo violento.

Tra i condizionamenti esterni (quindi indipendenti dalla volontà della donna), sono la mancanza di protezione sociale per affrontare il lungo, costoso ed incerto percorso della separazione che mette sempre a rischio l’affidamento dei figli,   la mancanza di protezione successiva alla separazione e la mancanza di autonomia economica per se e per i figli. Infine ci sono anche i familiari ed amici che con avvertimenti insensati e critiche mal poste condizionano la già faticosa  scelta della separazione.

Gli effetti delle violenze subite sono state classificate in tre diversi aspetti. Con conseguenze fisiche,  con lividi, fratture e lesioni di organi interni. Conseguenze sessuali con infertilità, impotenza, infiammazioni, infezioni e frigidità.  E soprattutto conseguenze psicologiche con  depressione, ansia, fobie, panico, insonnia, alcoolismo, droga,  stress, psicosi, disturbo della personalità ed infine suicidio.  

Causa di tutte queste conseguenze sulle donne è l’uomo violento che,  quando in modo animalesco  esercita la funzione riproduttiva viene classificato stupratore, ma questo è tuttavia un evento spesso occasionale.  Infatti nel caso dell’uomo che convive con la sua donna , alla semplice violenza della funzione riproduttiva si aggiunge la necessità di soddisfare il proprio ego,  di esaltare il proprio potere, esercitare il proprio possesso sulla donna misurando il grado di devozione e di sottomissione della propria compagna  della quale deve avere piena, incondizionata e totale disponibilità fisica e mentale. In genere l’uomo violento, è ignorante, privo di cultura e di dignità, non è mai disposto a perdere l’oggetto del suo potere  quindi  è pronto a inginocchiarsi,  piangere, promettere e implorare la propria donna quando questa decidesse di abbandonarlo perché è riuscita a comprendere l’ inutilità della sua devozione amorosa e quindi disposta ad accettare il fallimento dei suoi sentimenti.

L’esperienza insegna che le donne hanno una solo modo per sottrarsi a questo calvario che le segnerà per tutta la vita,   interrompere immediatamente la relazione al primo manifestarsi di violenza. Infatti è accertato che la violenza (fisica e/o psicologica), esercitata in ambito sentimentale è sintomo di devianza recuperabile solo  in ambito sanitario. E’ stato anche accertato che il primo episodio di violenza crea nella vittima una sorpresa ed umiliazione tanto profonda che se non reagisce subito si instaura nella donna un senso di colpa e una diversa considerazione di se stessa che la obbliga a sopportare livelli e frequenze sempre più elevati di violenza, fino ad entrare nella sindrome di Stoccolma, ovvero una condizione psicologica di completa sottomissione che arriva alla totale dipendenza affettiva dal proprio aggressore senza più alternative.     

In Moldova come in tutti i paesi in via di sviluppo esistono condizioni ancor più favorevoli agli uomini che usano violenza alle mogli.  Tra queste le più evidenti sono la necessita per le donne di sposarsi troppo  presto per uscire dalla casa dei genitori,  la difficoltà per le donne di giungere ad una autonomia  economica e, soprattutto, la diffusione dell’alcool che maschera  quasi sempre le vere intenzioni dei violenti, infine alcuni antichi e deleteri detti e credenze popolari che dovrebbe presto essere abbandonati e relegati alla memoria del folklore e delle vecchie tradizioni.

Mi riferisco ad alcuni proverbi tramandati oralmente da generazione in generazione, quasi certamente risalenti ai tempi del medio evo,  (“la moglie  non  picchiata è come una casa non scopata, non pulita”;    “in casa comanda chi porta capello”; “ pichiata, sco…ta, e al matrimonio portata” - “batuta, f---ta, si la nunta dusa”  e.c.t). Probabilmente vengono ripetuti meccanicamente da nonne e madri  le quali  non percepiscono che la società è un organo vivente che si trasforma sempre più velocemente, che produce nuovi comportamenti e modelli sociali in sostituzione di vecchi costumi e credenze che prima vengono consegnati alla storia più il Paese cresce culturalmente e si diffonde il benessere.

Ma torniamo a Maria. Si era sposata molto giovane aveva già un figlio in Moldova abbastanza grande e da emigrata regolare aveva fatto venire il marito  il quale, anche se in attesa di una occasione di regolarizzazione, non aveva perso l’abitudine di ubriacarsi  e di esercitare violenza sull’oggetto del suo piacere.  La convivenza con questi uomini accelera sempre la maturità della compagna la quale sopporta tutto il peso delle incapacità tipiche degli alcolizzati.  Infatti era stata lei a trovare la casa, a sottoscrivere i contratti delle utenze e,  con gusto e decoro, a  trovare  la mobilia  con pochi euro. 

Oggi  Maria finalmente libera dal peso del marito, vive sotto protezione dell’Associazione, in un luogo al riparo da conoscenti, amici e parenti, ha un nuovo lavoro ed è assistita in tutti gli aspetti giuridici per poter affermare il pieno diritto alla sua libertà e realizzare il ricongiungimento del figlio.  Con l’occasione si è anche liberata dalla soggezione di una credenza popolare, infatti la suocera, attraverso un foglio scritto lasciatogli sul suo letto, la minacciava di aver “pagato la chiesa affinché ogni male possibile ricadesse su di lei.   Maria impaurita,  ci aveva mostrato quel biglietto ma dopo aver discusso e spiegato la comicità di questa assurda tradizione  tutti insieme siamo scoppiati a ridere.

Leggendo questa storia le donne moldave potrebbero facilmente trarre errate conclusioni, la più comune è quella di considerare gli uomini italiani migliori, ma non è affatto così. A riprova che non si deve mai generalizzare  mi viene in mente la vicenda di una donna moldava accompagnata con un italiano, con il quale ha avuto una figlia e la cui storia presenta aspetti assai più  inquietanti di questa. Ma appunto questa sarebbe un'altra storia. 

Non si deve rimanere indifferenti a queste disgraziate situazioni perché infine queste storie riguardano tutta la collettività. Infatti i danni della violenza in famiglia per la società sono enormi e  si calcolano in costi per interventi  sanitari,  per le forze dell’ordine e per la giustizia. Tutti danni a carico della collettività,  come anche gli effetti indotti della inabilità o inefficienza lavorativa di tutti i  soggetti che restano coinvolti in tali vicende. 

Ogni Stato  dovrebbe avere l’interesse a fare in modo che la violenza domestica venga estirpata,  soprattutto prevenendola attraverso l’ educazione dei giovani,  e reprimendo i comportamenti violenti in modo esemplare, come appunto avveniva sotto i sovietici che punivano l’uomo che usava violenza alla moglie in modo ammirevole ( “pe 10 sutce” - richiuso a 10 giorni) Il colpevole infatti veniva applicato a lavori di strada sotto il controllo della polizia e lo sguardo dei cittadini che alla presenza di tale scena potevano leggere chiaramente la colpa del condannato, perché  tale punizione veniva inflitta a chi usava violenza alle donne.

Un metodo rieducativo originale, semplice, efficace  e straordinariamente moderno, ma erroneamente abbandonato e relegato alla memoria della Moldova sovietica. Un metodo che personalmente introdurrei in Italia.  

Autore GLOBAL, 2012

giovedì 28 giugno 2012

Moldavi di Mirandola(ITA) rifiutano aiuti finanziari dalla  R.Moldova.

VIDEO: http://www.youtube.com/watch?v=NApXzuAmcyg&feature=player_embedded

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Uno dei motivi per cui Gesù Cristo era ben compreso dalle folle  è perché parlava al popolo  usando le parabole le quali non erano mai riferite direttamente agli ascoltatori, così facendo otteneva   sempre molta attenzione e successo anche tra le persone più permalose.

E allora mi viene in mente  la storia di quei pastori che avevano  un gregge di pecore ed un giorno un gruppo di pecore più robuste decise di spostarsi in montagna dove i pascoli erano migliori, così facendo vennero seguite anche dai pastori più robusti e scaltri. Le altre pecore, più magre, che non avevano  forza  per trasferirsi  rimasero a valle,  al caldo con i pascoli secchi e con i pochi pastori rimasti  in pianura,  i più per aiutare le pecore deboli  ma altri perché non  se la sentiva di salire in montagna .

Un giorno in montagna sopravvenne un temporale cosi forte che portò via tutti i pascoli e le pecore, ben pasciute,  si lamentarono che dalla valle non arrivava nessun aiuto  ad alleviare la sofferenza dell’attesa che il pascolo riprendesse vita.  Ma quando qualcuno  dalla valle fece un gesto caritatevole  in loro favore le pecore lo rifiutarono  perché giudicato troppo misero  e  invece  di indirizzare gli aiuti alle pecore sofferenti della valle lo offrirono ai pastori  i quali, a loro volta  indignati  quanto le pecore,  lo rifiutarono. 

Fu una fortuna per le povere pecore della valle che così non si videro sottrarre il già misero  cibo disponibile.  E’ proprio vero che non sempre il male viene per nuocere.

Global

domenica 6 maggio 2012


identità nazionale e giovani emigranti moldavi .
Un giovane moldavo in Italia da quando aveva nove anni era assai confuso della sua identità nazionale e cercava di capire le radici della sua patria di origine. Sebbene conoscesse alla perfezione la storia d’Italia,  patria di adozione,  non era mai riuscito a conoscere la storia del suo paese di origine, ne sentiva palare dagli adulti ma questi sostenevano tesi contrastanti che gli creavano solo confusione. Il giovane fece allora indagini da solo e su internet  iniziò  a raccogliere notizie e dati, ma i siti riflettevano i condizionamenti di chi li aveva realizzati e si ritrova nella stessa confusione iniziale.
 Decisi di aiutarlo, e capii una verità incredibile, cioè che in Moldova la storia veniva insegnata in modo diverso da tutti gli altri paesi.  Mentre in Italia la storia si insegna a partire dalle prime fonti disponibili sulle popolazioni vissute sul territorio italiano fino ai giorni nostri, in Moldova si insegna la storia a partire dal 1858 circa, anno di nascita  della Romania. Ma, incredibile,  non si tratta della storia della Moldova bensì quella della Romania, infatti i libri scolastici di storia recano il titolo “Storia della Romania” e non “Storia della Moldova”.  Questa realtà l’avevo già incontrata, ma non compresa, leggendo una tesi universitaria nella quale una ragazza intervistata sul suo sentimento patriottico per la Moldova o per la Romania, confessava di essere molto confusa sul tema e rimproverava il fatto che  a scuola non gli era stata insegnata la storia “integrale”.
Ho cosi appreso che la Moldova, come tutti paesi dell’ex Urss, soffre di profonde divisioni etniche  derivanti dalle rovinose  politiche russe, e successivamente sovietiche, di snaturamento delle etnie disarticolate dalle terre di origine per evitare che venisse conservata memoria di ogni originale identificazione nazionale, causa di ribellioni al potere di Mosca.  I russi spostarono forzatamente milioni di persone da un paese all’altro nel tentativo di  creare fedeltà all’unica identità nazionale.  Trapiantarono cosi  nei nuovi domini la loro classe dirigente per controllare, riconvertire e manipolare la cultura dei nuovi popoli assoggettati imponendo propri modelli sociali e,  soprattutto,  lo studio della storia della Russia nelle scuole per creare i futuri sudditi.
Quei metodi di sottile manipolazione dei sovietici (già degli zar), sono  gli stessi con i quali oggi in Moldova i filo romeni impongono nelle scuole  moldave  l’insegnamento della “Storia della Romania” e non quella dello Moldova che è uno Stato composto anche da popolazioni russe, ucraine, turche e altre minoranze. Si tratta di una imposizione, contraria ai principi del multiculturalismo, esercitata da una minoranza culturale contro lo stesso Stato moldavo che, in questo caso, non esercita la sua sovranità in difesa di tutta la popolazione moldava presente nel suo territorio, dimenticando che la libertà è un valore che vive solo nella verità, e la verità della storia si apprende nelle scuole, senza limiti e senza censure, per creare una sana coscienza nazionale nelle nuove generazioni.  
Un  metodo inconciliabile con una società moderna globalizzata e soprattutto inimmaginabile per qualsiasi stato interessato ad entrare in  Europa la quale, costruita sui principi di pluralità culturale e universalità dei diritti, non tarderà a richiamare al dovere il Governo moldavo, tanto più che è già in corso la richiesta della UE affinché la Moldova adotti una legge che legittimi la pari dignità condannando le possibili discriminazioni nei confronti di ogni diversità, quindi nei confronti di  minoranze etniche, religiose, sessuali, linguistiche.
Gli aspetti paradossali di questa situazione sono da un lato la minoranza pro-rumena al governo che pur rinnegando la Storia della Moldova vuole fermamente entrare in Europa ma ignora quanto questa sia impegnata  nella integrazione e pari dignità di tutti i cittadini per la costruzione di un società multietnica, tollerante, inclusiva e  anche dialogante senza “puntum” di chi  non ha argomenti a sostegno della propria ragione, e dal lato opposto la minoranza pro-russa che chiede il corretto insegnamento della storia dello Stato moldavo ma allo stesso tempo, tramite la chiesa russa,  contesta la legge della parità dei diritti chiesta dalla UE perché non vuole riconoscere pari dignità agli omosessuali.   Ora considerato che gli omosessuali in quanto tali non sono mai stati condannati dalla religione cristiana sorge il dubbio che non si tratti tanto di un ostracismo ai gay quanto una contestazione all’ingresso nella UE.
Sulla identità nazionale va qui ricordato che in una nazione democratica quando un gruppo etnico (o religioso, culturale ecc),  pensa che la propria idea di identità nazionale sia migliore di quella di tutti gli altri,  viene identificato  con il termine nazionalista,  ad indicare una degenerazione della identità nazionale. Va anche detto che la nazione moderna, intesa come entità indipendente e sovrana,  mai si identifica in un solo gruppo etnico inteso come comunanza di cultura, religione, credenze, lingua e  abitudini. Esistono in Moldova identità nazionali ucraine e gagause, come in Italia esistono significative comunità di nazionalità albanese e austriaca-tirolese con la loro lingua e religione. Così è in tutti i paesi del mondo.  E’ anche noto che  l’identità individuale è  strettamente connessa al proprio passato, ed è il prodotto della nostra vita, cosi come l’identità collettiva è connessa con la storia della popolazione di un territorio con la quale se ne condivide la sorte.  In proposito afferma il sociologo  G. Sartori  ” l’identità nazionale è un elemento a cui non si può rinunciare, non tenerne conto sarebbe un grave errore, perché le società non possono funzionare senza un tessuto sociale chiaro e solido, e senza di esso i cittadini e gli individui diverrebbero altrettanti atomi scollegati”.
Le identità etniche  si trasformano  in nazioni  in due modi,  spontaneamente dal basso o attraverso un processo di unificazione dall’alto.  In Moldova sono occorsi tutti e due questi metodi, perché l’iniziale processo dal basso, che pure ha visto tutti i gruppi etnici, russi compresi,  rivendicare la libertà dall’Urss non è stato sufficiente, ed oggi è ancora in corso il processo di unificazione dall’alto.  Il processo di unificazione nazionale è un processo normale perché  la nazione  non  è una realtà naturale né una  struttura fissa e indistruttibile, non è un fatto etnico oggettivo, la nazione è una “invenzione” che ha bisogno di essere riconosciuta tutti i giorni, esiste in quanto la si vuole, può cessare di esistere nel momento che non la si vuole più, è fatta di culture condivise, di consenso corrisposto di realtà e memorie comuni. 
 Capisco che in Moldova il fatto che ambienti estremisti di lingua russa impossessandosi del tema dell’identità nazionale  creano difficoltà ad altri gruppi che nell’identità nazionale  vedono  riflesso il  “russismo”, ma questo si contrasta esaltando la partecipazione all’identità nazionale di tutti i cittadini moldavi senza distinzione di razza, religione, di etnia e di lingua affinché un cittadino moldavo sia anche cittadino europeo.  Proprio come richiede la Comunità europea a tutti gli stati che vogliono liberamente partecipare alla costruzione della nuova identità europea, nella quale essere moldavo dovrà essere sinonimo di essere europeo.
Quel giovane moldavo alla ricerca delle proprie radici è rimasto confuso dalle infinite divisioni della sua gente di origine, ancora alla ricerca di una forte identificazione nazionale, la sola condizione che possa emanare attrazione e  fascino affinché i giovani emigrati possano sentire nostalgia delle proprie origini.  In conclusione quel giovane moldavo più che con la patria di origine  ora si identifica con la patria adottiva alla quale presumibilmente legherà il proprio destino.

martedì 3 gennaio 2012

STORIA DI UNA EMANCIPAZIONE DIFFICILE.


Il riscatto di una donna moldava.

È proprio vero che la sofferenza spesso stimola le virtù. Lo testimonia la vicenda di Angela, una donna moldava, piccola, piena di energia, non proprio gratificata dalla natura. Per sfuggire alla miseria del suo Paese e non far patire la fame ai propri tre figli, emigra in Italia tra mille peripezie e pericoli inenarrabili.


Sola senza alcun appoggio morale e materiale, da immigrata irregolare riesce con tenacia ad inserirsi nel lavoro vendendosi la libertà. Infatti lavorerà sempre come badante a tempo pieno per guadagnare molto e  spendere poco.


Invia denaro in Moldova per mantenere i figli , ma anche … per mantenere il marito, già perché ha anche un marito. Uno di quegli uomini che non è proprio raro incontrare in Moldova, uomini che amano così tanto bere, da non avere tempo per lavorare e che in famiglia esercitano la funzione di maschio e il ruolo di padrone, picchiando moglie e figli.


Questa piccola donna, sepolta viva nelle case degli italiani, sfama i suoi figli, ma si preoccupa anche del loro avvenire. Quindi fa di tutto per farli venire in Italia, si informa sul come, quando e dove poter collocare inizialmente il figlio più grande. Paga migliaia di euro ad una organizzazione per fare entrare da clandestino il figlio più grande che ha 13 anni. Finge di abbandonarlo, perché sa che le autorità, trovando un minore, lo affideranno ad un istituto dove i ragazzi abbandonati e senza famiglia vengono accuditi ed avviati ad un mestiere. Angela segue l’operazione del ritrovamento da lontano. Poi dopo aver individuato l’istituto dove si trova il figlio, lo incontrerà la domenica quando esce dall’istituto.


Più difficile è stato far venire la seconda figlia. In questo caso rischia tutto, ma non può lasciarla con un padre alcolizzato che porta in casa le donne di piacere senza alcun riguardo per i figli. Così, da clandestina torna in Moldova e sempre da clandestina ritorna in Italia con la figlia, dopo aver pagato l’organizzazione che organizza il viaggio.


Con il terzo figlio è tutto più semplice, infatti, ottenuto il permesso di soggiorno e assolte le procedure amministrative per il ricongiungimento familiare, parte con un volo. Però, quando arriva in Moldova trova in casa il marito disoccupato che ormai mantiene una amante stabile con la quale spende i soldi che invia per il figlio. Non si scoraggia, concede il divorzio al marito violento, traditore, disoccupato ed alcolizzato. Ma il marito capisce che se perde l’ultimo figlio perde anche le rimesse che la moglie invia per mantenerlo e che lui usa per amanti e alcool. Allora si oppone e chiede soldi per autorizzarne la partenza.


La piccola eroina paga il riscatto di 5.000 € e porta in salvo in Italia l’ultimo figlio, abbandonando definitivamente la Moldova.


...Se non fosse una storia vera, questa potrebbe essere la favola di una allodola che porta in salvo i propri piccoli da un nido esposto a un grave pericolo.


Ormai il figlio più grande è un meccanico e la seconda è parrucchiera. La madre, sempre sepolta in una famiglia italiana, da lontano li gestisce e organizza, prende in affitto un piccolo appartamento e la domenica li raggiunge, finalmente sembra avere risolto i suoi problemi, ma non è così.


Un giorno il figlio grande viene avvicinato da alcuni connazionali, appositamente venuti dal nord Italia, che con fare minaccioso gli rimproverano di aver abbandonato e dimenticato il povero padre in Moldova che ora vive in grave difficoltà. Lo invitano così a fare il suo dovere consegnando loro una somma che avrebbero fatto recapitare al poveretto. Il ragazzo, purché impaurito dalle minacce, racconta la vera storia e confessa che con il suo lavoro intermittente riesce appena a contribuire alle spese della famiglia. I due prepotenti restano sorpresi e commossi da quanto appreso e, lasciando libero il povero ragazzo, gli promettono che avrebbero richiesto le spese al padre.


Ma la vicenda ha un seguito. Un bel giorno in Italia bussa alla porta dei figli il padre padrone, si presenta ai figli come un uomo solo ed abbandonato, li impietosisce e li convince ha chiedere la generosità della madre per ospitarlo nella loro casetta. In realtà è venuto per chiedere alla moglie di rinunciare all’assegno che nella sentenza di divorzio il giudice gli ha imposto di pagare per il mantenimento dei figli.


E qui avviene il colpo di scena. La povera Angela dopo tutti i patimenti, le sofferenze, lo sfruttamento, i ricatti, le botte subite e l’umiliazione del tradimento si accorge di essere diventata forte. Si accorge di essere diventata autonoma nel pensiero e nelle azioni, che non è più disposta a subire, che non si sente più inferiore al marito ne a nessuno altro, che non è più disposta di fare finta di non vedere e di non sentire.


In quel momento decide di dire basta, con un sol colpo sistema tutta la famiglia. Ai figli, cosi indulgenti con il padre, dichiara che se amano così tanto il padre possono tornare a vivere con lui in Moldova, facendo così la felicità del genitore che non dovrà più pagare gli alimenti per loro, infatti la sua generosità la urla, dicendo che pagherà volentieri tutti gli alimenti per assecondare pace e serenità a tutta la famiglia. Quindi intima al marito di raccogliere le sue cose e lasciare immediatamente la casa insieme a quei figli che per amore vogliono seguirlo, altrimenti avrebbe chiamato la polizia.


E’ un colpo di teatro, una scena di esemplare liberazione e riscatto. Da quel momento Angela si sente emancipata, finalmente libera, padrona di se stessa, consapevole di poter pretendere rispetto da tutti, consapevole di aver conquistato la libertà, di poter scegliere di essere ciò che desidera, di dire o fare ciò che vuole, di non avere vincoli di nessun genere, di non dover rendere conto del suo operato a nessun paesano e a nessun parente, di non essere più succube di nessuna consuetudine o usanza e di nessuna tradizione popolare, se non per sua libera scelta.


Angela si è costruita la sua emancipazione con sofferenza e sacrifici, dopo un percorso di stenti, di sofferenze morali, fisiche e mentali, di umiliazioni e di vergogna. Con la sua piccola cultura, ma con forza d’animo e semplicità c’è riuscita. La sua vita è cambiata per sempre.


Ma ancora poche sono le donne disposte a fare tanto, e anche capaci di apprezzare questa storia. Per questo motivo questa storia merita considerazione e attenzione da parte di chiunque abbia la possibilità di diffonderla. Facciamola circolare e conoscere soprattutto in Moldova. 

Un articolo  di GLOBAL 

I MOLDAVI VISTI DA UN ITALIANO... 


Un  articolo di GLOBAL.


Mi capita spesso di frequentare persone moldave che lavorano in Italia e ho capito che uno dei temi che più dividono la loro comunità è la considerazione che ognuno ha della indipendenza e sovranità della propria Patria. 

Credevo fosse un fenomeno da emigranti, ma nel 2009 a Chisinau, insieme ad alcuni imprenditori italiani ho pranzato con esponenti del mondo universitario e parlando del futuro della Moldova, con grande sorpresa, ho ascoltato gli accademici esternare la loro ferma determinazione nell’ auspicare l’unificazione della repubblica di Moldova con la Repubblica di Romania rivendicando una identità culturale e linguistica con la confinante regione rumena della Moldavia. 

Gli italiani esterrefatti chiedevano come mai la parte colta di un popolo - che da paese occupato ha ottenuto l’indipendenza - desidera sottomettersi ad un'altra nazione rinunciando alla propria libertà e sovranità, contrariamente a quanto invece accade in ogni parte del mondo dove anche con le più piccole espressioni etniche, linguistiche, culturali ecc.. si invoca e si combatte per l’indipendenza, l’autonomia e la libertà. 

Sorpresi della reazione degli italiani che consideravano antistorica e contro tendenza la rinuncia di un popolo alla propria sovranità, gli intellettuali moldavi affermarono che la liberta che avevano ottenuto era una libertà inutile, che non sapevano cosa farci quando non si possiedono i mezzi per ottenere progresso e benessere per il popolo. Inoltre, aggiungevano, che la necessità di diventare rumeni era anche dettata dalla opportunità di entrare immediatamente nell’Unione Europea, obiettivo altrimenti raggiungibile solo in tempi molto lunghi. 

In altre parole, a meno che non avessero trovato giacimenti d’oro, erano disposti a vendere sovranità, autonomia, libertà e dignità di popolo in cambio del benessere. 

Da questo incontro ho ricevuto la certezza che in alcuni ambienti della cultura moldava manca del tutto il valore dell’identità nazionale, e si ignora del tutto il concetto di sovranità nazionale. Atteggiamenti analoghi in Italia sono puniti come attentato alla Costituzione, ma se si tratta di stranieri questi potrebbero essere espulsi per attività sovversiva contro la Repubblica di Moldova, avendo l’Italia riconosciuto la sovranità del popolo moldavo. 

Tuttavia questo atteggiamento sembra riguardare una trascurabile minoranza di moldavi "pseudo-colti” che dall’altezza della loro cultura si confrontano solo con le elite artistiche della Romania. Infatti la maggior parte dei moldavi di Roma, conosciuti come ottimi e onesti lavoratori, con il popolo rumeno non desiderano affatto essere confusi, anche perché questi non godono di una buona reputazioni tra gli italiani. 

Questi atteggiamenti e manifestazioni di pensieri controtendenza (che in Italia sono definiti cultural-chic e contraddistinguono il pensiero post-comunista), sono l’espressione di chi è incapace di lottare per migliorare il presente, di chi fugge i sacrifici della globalizzazione, di chi ricorre al passato per condizionare il futuro, di chi presume di possedere la verità tacciando di ignoranza chi non la pensa come lui, di chi non accetta il presente quale risultato della storia. 

Questi minoritari circoli culturali, abbagliati da una libertà piovuta quasi per caso e senza lotta, sono incapaci di affrontare la dura povertà del proprio Paese, e ricercano nella fusione con la Romania una guida, o un padrone, meno odioso di Mosca, mostrando con questa scelta tutti i limiti di classe dirigente, inutile ma non dannosa perché incapace di prendere nelle proprie mani il destino dei propri connazionali. 

Purtroppo il partito pro-romania è rappresentato in Parlamento e senza capirlo può bloccare il processo storico della Moldova. Infatti a causa dell’esiguo margine dell’attuale Governo anche la minima divisione della maggioranza consentirebbe il ritorno dei comunisti al potere e con essi finirebbe il sogno europeo con il ritorno ai tempi bui del colonialismo commerciale dell’est. 

Ma quanto di ciò è inconsapevole il partito pro-Romania ?? Dopo aver saputo che nella rivoluzione twitter dell’aprile 2009 a Chisinau la bandiera Romena sul Parlamento era stata innalzata da infiltrati dei servizi comunisti, è lecito pensare che questo partito filo romeno e questi circoli siano presidiati ed infiltrati per far cadere l’attuale maggioranza e favorire il ritorno dei comunisti al potere. 


CITAZIONI per i moldavi.

Non c’è civiltà senza stabilità sociale. 
Non c’è stabilità sociale senza stabilità individuale.
(Aldous Huxley)


La servitù avvilisce gli uomini sino a farsene amare.
(Luc De Vauvenargues)